Oggi, nel corso della III Commissione Consiliare di Vigilanza sul Pluralismo dell’Informazione c’è stata l’audizione di Lazzaro Pappagallo, segretario di Stampa Romana.

Ho molto apprezzato l’approccio propositivo di Pappagallo che ha sostenuto la necessità, che giornalisti e editori piuttosto che piangersi addosso, prendano spunto dalle buone pratiche che possano essere di esempio per il rilancio del settore.

Pappagallo, nel suo rapporto sullo stato dell’editoria ha citato come esempi positivi quelle testate che hanno avuto la capacità di comprendere l’evoluzione del mercato, adottando nuovi paradigmi sia nell’innovazione che nella ricerca di nicchie più o meno grandi dalle quali trarre profitto in termini finanziari, con la conseguente ricaduta positiva anche sull’occupazione.

Abbiamo affrontato il tema dei giornalisti, soprattutto quelli più giovani, sottopagati, convergendo sul fatto che la sfida consista nel riuscire a dare loro dignità lavorativa, perché la soluzione per le testate che vivono un momento di difficoltà, non è abbassare il costo del lavoro, ma rilanciare il prodotto.

In un quadro che si presenta come preoccupante, imprescindibile è camminare al passo con i tempi dell’innovazione tecnologica e sapersi anche reinventare, rivedendo i modelli tradizionali ed adeguandoli alle nuove forme di informazione.

Tra le varie criticità emerse c’è poi il problema degli Uffici Stampa, soprattutto delle pubbliche amministrazioni. Parlando di questo, il segretario di Stampa Romana ha denunciato il fatto che in più di qualche occasione si creino dei bandi pubblici “su misura” al fine di agevolare qualcuno a danno di qualcun altro. Ho chiesto a Pappagallo di segnalare a questa Commissione tutti i casi di cui Stampa Romana viene a conoscenza per le conseguenti azioni verso gli organi preposti.

E’ stato toccato, infine, il tema del finanziamento all’editoria. E’ arrivato il momento di configurare un nuovo e più sistemico approccio che porti le aziende editoriali a reggere il confronto con il mercato non basandosi su contributi pubblici, ma adeguando e trasformando i propri processi industriali ed i propri modelli organizzativi.