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Anno nuovo, stessa emergenza pronto soccorso

11 Gennaio, 2016

Meno di sei mesi fa erano stati annunciati 88 milioni di investimenti per affrontare il problema delle emergenze pronto soccorso. Dalla Regione Lazio era previsto uno stanziamento diretto di oltre 19 milioni di euro, di cui 3,5 per il rinnovo del parco ambulanze, 1,7 per la messa a norma delle strutture sanitarie e 14 milioni per l’emergenza straordinaria rappresentata dal Giubileo. Oltre 33,5 milioni di euro sarebbero dovuti servire all’adeguamento e messa a norma dei Pronto soccorso, ricevuti come quota spettante alla Regione Lazio dei finanziamenti per l’edilizia sanitaria. Un susseguirsi di inaugurazioni in pompa magna. Sembrava, dopo tanta spesa sostenuta, un problema risolto; si intende quello dell’accesso alla rete di emergenza.

E’ di questi giorni invece la notizia dei malati ammassati a terra sui materassi per impossibilità di accedere ai posti letto del pronto soccorso del San Camillo e del Policlinico Umberto I, nonostante i toni trionfalistici riferiti al trasferimento dal Forlanini al San Camillo dei reparti di otorino-laringoiatria, dell’unità di cure residenziali intensive, dell’oculistica, ortodonzia e odontoiatria pediatrica. A quanto pare, non sono serviti nemmeno i 3.8 milioni di euro spesi per il restyling in vista del Giubileo né i toni euforici che hanno accompagnato l’annuncio dell’apertura del nuovo reparto di terapia intensiva, con 20 posti letto costati 1.381.871 euro, e il miglioramento dell’area dei codici bianco e verde del pronto soccorso per un totale di spesa pari a 300mila euro, a cui si sono poi aggiunti altri 2 milioni e 100 mila euro riferiti all’ammodernamento tecnologico

Commentava orgoglioso il 3 dicembre 2015, appena un mese fa, il direttore generale del nosocomio,Antonio D’Urso:

“E’ il risultato di un lavoro di squadra di cui andiamo orgogliosi”.

Era appena il 22 dicembre quando presso il Policlinico Umberto IZingaretti inaugurava la holding areaa supporto del Dea,il dipartimento di emergenza e accettazione. Si era parlato di una struttura innovativa che avrebbe dovuto essere la dimostrazione di come gli interventi progettati per il Giubileo avrebbero dovuto rappresentare una vera e propria rivoluzione nei sistemi di presa in carico e di assistenza nelle aree dell’emergenza.

Efficienza che sarebbe dovuta restare anche dopo il Giubileo, con una struttura, di 600 mq con 21 posti letto che avrebbero dovuto decongestionare uno dei pronto soccorso più utilizzati di Roma, che conta circa 140mila accesi all’anno.

Questo solo per citare due importanti pronto soccorso della capitale, che hanno nei fatti, e nell’ordinarietà dell’assistenza sanitaria (e non nell’eccezionalità giubilare o epidemiologica!) evidenziato il totale fallimento delle azioni proposte da Zingaretti per risolvere il problema dell’emergenza.

Come ha a più riprese, con diverse risoluzioni, interrogazioni, rapporti ed analisi, evidenziato il Movimento 5 Stelle Lazio, non è soltanto con investimenti strutturali (costosissimi per i cittadini) che si risolve il problema dell’accesso e affollamento al pronto soccorso. Abbiamo più volte evidenziato che l’attesa, le barelle in coda, il fermo dei mezzi sanitari, sono frutto niente altro che di una disorganizzazione di processo e non tanto da una carenza strutturale.

La crisi dei PS infatti si fonda su due aspetti basilari: l’inappropriatezza del ricorso all’emergenza e l’incapacità di risposta al bisogno di emergenza per i casi appropriati.

E’ ormai noto a tutti, meno che alla giunta, che il 70% degli accedenti al Pronto Soccorso è affetto da patologia cronica. Tali pazienti, se fosse stata attuata una efficace politica assistenziale di tipo territoriale, non si presenterebbero affatto al pronto soccorso.

Inoltre la tipologia dei pazienti che si rivolgono all’emergenza è cambiata, il malato è sempre più deficitario in termini sociali ma non identifica altre strutture di accoglienza diverse dal Pronto Soccorso. Questo significa che un cospicuo segmento di pazienti in emergenza ha un episodio di acuzie con necessità diagnostica affrontabile territorialmente e non necessariamente in Pronto Soccorso, solo che non riconosce altri riferimenti assistenziali. Il ruolo del medico di medicina generale resta ancora ancorato a quello di erogatore di ricette, ed inoltre, il conseguente adeguamento all’inefficienza dell’assistenza territoriale, ha abituato l’utente a bypassare la trafila di prenotazione e a rivolgersi direttamente al pronto soccorso.

Pertanto tutto il fabbisogno e la soddisfazione delle stesso, e la risoluzione del problema di affluenza al pronto soccorso, dovrebbe essere orientata verso cure legate a patologie croniche (e relativa presa in carico), o correlate all’invecchiamento della popolazione, e che necessitano di un tipo di assistenza di tipo territoriale piuttosto che ospedaliera.

Una sola, tra le tante proposte esposte nei vari atti legislativi del movimento, prevedeva ad esempio la definizione di un percorso assistenziale ad avvio obbligatorio in termini di screening e presa in carico della popolazione affetta da cronicità da parte dei medici di medicina generale su comunicazione diretta da parte del Pronto Soccorso di quegli utenti che avessero provveduto all’accesso inappropriato in emergenza.

Non sono i milioni spesi in appalti e ristrutturazioni in regime di emergenza e in assenza di controllo a risolvere i problemi della sanità. Solo buonsenso, onestà e organizzazione.